La Pecora Brigasca

La pecora brigasca deriva il suo nome dal paese di La Brigue, in Val Roja, un tempo il più importante centro pastorale dell'area al confine tra Liguria, Piemonte e Provenza. La Brigue nel tempo è stata alternativamente francese, italiana e poi ancora francese ma innanzitutto, da sempre, è occitana: qui si parla il brigasco, un dialetto compreso di qua e di là dalla frontiera, che discende dall'antica lingua d'Oc. La Brigasca, una popolazione ovina autoctona, ha avuto origine, con tutta probabilità, dallo stesso ceppo della Frabosana. Il profilo montonino e le corna rivolte all'indietro sono simili e a spirale nei maschi, solo la taglia è un po' meno robusta. E' un animale rustico, dotato di arti muscolosi e unghielli forti, scuri, adatti al pascolo in zone impervie.

Questo tipo di pecora, di taglia medio-grande, sia da carne che da latte,  resiste benissimo al freddo ed è un animale docile che fornisce una buona produzione, sia di lana che di latte e carne.

All’inizio del XX secolo si contavano circa 60.000 pecore brigasche per i pascoli della Liguria, del Piemonte e della Francia; oggi rimangono solo più circa duemila pecore. La pecora era una fonte di reddito primaria per le piccole comunità locali e le cronache narrano di contese per il possesso dei pascoli migliori. La definizione dei confini con la Francia, nel 1947, rese più difficile lo spostamento del bestiame, causando una diminuzione delle greggi.

L’allevamento tradizionale prevede un periodo di tre o quattro mesi in alpeggio e di circa quattro mesi in zona costiera, con un pascolo all’aperto anche nelle zone invernali.

Il percorso è così caratterizzato:

  • Inverno: le pecore pascolano sulla costiera albenganese;  
  • Fine di Giugno: il gregge si trasferisce all’alpeggio sul Monte Saccarello.
  • Autunno inoltrato: il gregge ridiscende ad Albenga.

Gli allevatori che curano un allevamento di questo tipo mantengono aziende di piccole dimensioni, distribuite su un territorio la cui orografia, fatta di strade strette e tortuose, determina costi di produzione e di trasporto molto alti. Su questi alpeggi viene prodotto da generazioni di pastori di brigasche un latte di pregiata qualità e formaggi come la "Toma di pecora Brigasca" e il "Brus". L’importante ruolo di presidio del territorio operato da questi allevatori è stato riconosciuto dall'Associazione Slow Food, nel 2003, con la creazione del Presidio della "Toma di Pecora Brigasca” che, sostenuto dalla regione Liguria, vuole valorizzare le tome a latte crudo fatte negli alpeggi rimasti sul confine e sostenere il ruolo determinante dei pastori nella tutela dell'ambiente naturale, che ha subito effetti assai negativi con l'impoverimento del patrimonio zootecnico.